Dirigenti e Imprese: separati in casa o appassionati sodalizi strategici?

Articolo
Tempo di lettura
A cura di
Manuela Serpelloni, PRAXI Risorse Umane
Data di pubblicazione
19 giugno 2025
  • Risorse Umane
  • Organization & People
  • Leadership
  • Managerialità
  • Articolo

In ogni organizzazione, il rapporto tra vertice e management è una relazione chiave, capace di sostenere la crescita o di rallentarla. Come nelle relazioni personali, anche in azienda il legame può essere solido e ispirato da un progetto comune — oppure segnato da incomprensioni, distanza e mancanza di dialogo.

Non è un caso che, quando parliamo di questo rapporto, ricorriamo istintivamente al termine impresa più che azienda.

Una distinzione sottile, ma significativa: impresa richiama un’idea di scopo, visione e direzione condivisa. Azienda, invece, rappresenta la struttura organizzativa e gli strumenti con cui si agisce.
Due dimensioni complementari: la prima risponde al “perché” un’organizzazione esiste, la seconda al “come” funziona.

E in questo sistema duale, qual è il ruolo dei dirigenti?

I manager occupano una posizione centrale nella relazione tra impresa e azienda: sono i traduttori, in azioni sostenibili, della visione strategica, garanti non solo dell’efficienza operativa, ma anche del significato più profondo dell’agire organizzativo.

Ed è proprio nel tenere insieme queste due anime — senso e azione — che si gioca il ruolo strategico dei dirigenti: interpreti della visione, garanti dell’allineamento tra strategia e operatività, promotori di una leadership che è al tempo stesso gestionale, culturale e relazionale.

Dinamiche organizzative: un sistema vivente in equilibrio precario

Sappiamo bene che, al di là dei modelli teorici, le organizzazioni sono sistemi viventi, imperfetti e dinamici dove la qualità delle relazioni tra governance e dirigenza incide in modo sostanziale sulla sostenibilità e sul successo dell’impresa.

Ogni realtà è unica, con caratteristiche e storie diverse. Tuttavia, si possono riconoscere tre macro-cluster ricorrenti, che fotografano il livello di “salute” del rapporto tra vertice aziendale e management.

Appassionato sodalizio strategico

Pensiamo alle organizzazioni che crescono, innovano e attraggono talenti. In questi contesti, il commitment è tangibile, la fiducia è reciproca, la visione strategica è condivisa e il management lavora in modo coeso verso obiettivi comuni.

In queste imprese, il coinvolgimento va oltre le competenze tecniche: C-Level e dirigenti mettono in gioco se stessi, i propri valori, le proprie emozioni. Questa è la condizione ideale: un patto di corresponsabilità profonda tra leadership e management che moltiplica le probabilità di successo.

Dinamiche disfunzionali evidenti

All’estremo opposto troviamo le aziende in cui il vertice aziendale non condivide la visione con la prima linea o non valorizza i contributi strategici del management.

In questi casi accade spesso che i manager operino in compartimenti stagni, focalizzandosi unicamente sulla propria area funzionale e trascurando le interdipendenze. La cultura aziendale si frammenta, i flussi trasversali si indeboliscono e la mancanza di collaborazione mina il sistema nel suo insieme.

In simili contesti i segnali di sofferenza organizzativa sono visibili (per chi vuole vederli) e un intervento consulenziale esterno, con un approccio diagnostico, potrebbe risultare determinante.

“Separati in casa”: lo stato ibrido (e pericoloso)

Più subdola – e più frequente – è la condizione ibrida, in cui le tensioni e le insoddisfazioni non sono manifeste. Direzione e dirigenti non esplicitano il proprio disagio, che rimane latente. È il caso dei manager che rivelano di non sentirsi più allineati con l’azienda ma che non ne hanno mai parlato apertamente con l’AD. “Non c’erano le condizioni”, “non è mai stato il momento giusto”.

Situazioni analoghe avvengono anche al contrario: i vertici esprimono dubbi o insoddisfazioni rispetto ai propri manager a consulenti o professionisti esterni, ma senza mai aver attivato un confronto diretto.

Questa condizione di malessere sommerso è tra le più insidiose: manager ancora formalmente in carica possono perdere efficacia per un calo di motivazione, mentre la direzione, non avendo più piena fiducia, smette di coinvolgerli strategicamente. Il risultato è un’organizzazione in disequilibrio, dove la mancanza di comunicazione indebolisce la fiducia e compromette l’allineamento decisionale.

Nel lungo periodo, questa situazione può fare “ammalare” l’impresa: i manager rischiano meno, si espongono meno, si impegnano meno, allontanandosi dal senso di appartenenza e dal “bene comune”.

Riconoscere la latenza per prevenire la crisi

Per uscire da questa trappola invisibile, l’organizzazione deve accettare di non sapere tutto, porsi domande scomode, interrogarsi sulla propria reale condizione. Deve sapersi chiedere, con coraggio: “Come stiamo davvero?”.

Ecco alcune buone pratiche per un’alleanza solida tra vertice e management:

Trasparenza
Condivisione da parte dell’AD del business plan strategico a 3-5 anni con tutto il management team.

Valori
Attivazione di un processo di identificazione e condivisione dei valori aziendali, con declinazione concreta in comportamenti attesi a ogni livello organizzativo.

Performance Management System (PMS)
Collegamento diretto tra strategia e gestione delle performance, con KPI allineati agli obiettivi e ai comportamenti manageriali.

Consapevolezza manageriale
Percorsi mirati per AD e dirigenti volti a riconoscere comportamenti efficaci e disfunzionali, valorizzando il cambiamento come leva evolutiva.

Assessment e sviluppo
Valutazione periodica delle competenze manageriali e costruzione di piani di crescita (coaching, formazione, mentoring).

Cultura del feedback
Attivazione di momenti strutturati di confronto tra AD e prima linea per condividere aspettative, difficoltà e spunti di miglioramento.

Executive Search strategico
Integrazione di professionisti capaci di leggere cultura e contesto organizzativo nelle fasi di selezione della dirigenza.

Organizational Pulse Check
Check-up rapidi e frequenti per rilevare tempestivamente eventuali criticità e attivare azioni di miglioramento continuo.

Appartenenza
Promozione di iniziative inclusive che rafforzino l’identificazione con l’impresa come bene comune.

Leadership condivisa: un patto da rinnovare

Il rapporto tra impresa e dirigenza può assumere configurazioni molto diverse: da alleanze solide e ispirate, a convivenze faticose, fino a quelle situazioni in cui, pur restando formalmente uniti, le parti si muovono in direzioni diverse.

È proprio questa condizione di apparente normalità — la “separazione in casa” — a rappresentare il rischio più insidioso: il logoramento silenzioso della fiducia, della motivazione e della capacità di agire in modo coerente. Tutto ciò avviene senza segnali immediatamente percepibili, ma con effetti profondi e progressivi sull’organizzazione.

Come ogni relazione significativa, anche quella tra vertice e dirigenti richiede ascolto, confronto e un patto che non può essere dato per scontato. In una organizzazione sana, infatti, non c’è spazio per rendite di posizione, ma solo per patti di leadership fondati su fiducia, responsabilità e visione condivisa.

Solo così l’impresa può rimanere viva, coesa e capace di crescere e prosperare nel tempo.

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A cura di
Manuela Serpelloni, PRAXI Risorse Umane
Data di pubblicazione
19 giugno 2025
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