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Risorse Umane: quali sono oggi le nuove sfide per le aziende?

A cura di Benedetta Mosco e Lorenzo Galli, Consulenti Senior PRAXI Risorse Umane 

La pandemia ha modificato radicalmente l’approccio alla gestione delle risorse umane all’interno delle aziende, costringendo la funzione HR a confrontarsi con nuove sfide impensabili fino a pochi anni fa. Il primo dirompente impatto da affrontare è stato ciò che oggi definiamo il fenomeno della “Great Resignation”, partito oltreatlantico e rapidamente giunto anche in Europa, che ha visto coinvolti tutti i settori e tutte le fasce lavorative.

Dimettersi senza avere un’alternativa professionale non è più l’eccezione!

In questi due anni è cambiato profondamente ciò che le persone si aspettano dall’attività professionale e la loro gerarchia dei valori. Migliaia di dipendenti, infatti, hanno deciso di lasciare il proprio lavoro per dedicare più tempo a loro stessi e alle proprie ambizioni personali. Ciò è stato anche possibile grazie alle sicurezze economiche garantite dall’imponente sistema di welfare introdotto dai governi per far fronte alla pandemia.

Per minimizzarne gli impatti negativi, le funzioni HR e le società di Executive Recruitment si sono chieste in che modo gestire il fenomeno in un mercato del lavoro che già da anni si caratterizza per la cronica scarsità di persone qualificate. Siamo infatti di fronte ad un totale ribaltamento del modello che caratterizzava l’iter di selezione in passato, quando le aziende sceglievano all’interno di una short list il candidato migliore per il proprio business. È chiaro infatti che il potere dei candidati più ricercati sia notevolmente cresciuto e che ormai siano loro a “selezionare” l’opportunità più adatta alle proprie esigenze e caratteristiche personali/professionali.

L'aumento retributivo costituisce solo in parte una leva per il cambiamento professionale!  

Capita spesso che i candidati scelti dalle aziende rinuncino ad importanti proposte economiche migliorative, o addirittura non siano interessati a valutarle, pur avendo partecipato ad un processo con più step di colloqui. Nella nostra esperienza da consulenti, abbiamo registrato per la prima volta rifiuti di proposte contrattuali che prevedevano anche un miglioramento del 30% dello stipendio iniziale.

Ciò è causato da diversi fattori. In primis lo scouting diretto dei candidati, che spesso non rispondono agli abituali job posting nella sezione “lavora con noi” delle aziende, ma sono direttamente contattati per valutare nuove opportunità. Non ultimo, su questo fenomeno incide anche l’estrema facilità di accesso al processo di selezione attraverso le note piattaforme online, che ormai hanno quasi del tutto sostituito la maggior parte degli incontri in presenza fisica. Probabilmente tutto ciò ha portato a diminuire la consapevolezza dell’importanza della partecipazione ad un iter di selezione e, di conseguenza, a ridurre l’affidabilità dei candidati e il loro senso di responsabilità nei confronti delle aziende/società di consulenza.

La domanda è: sarà un fenomeno temporaneo o una tendenza che caratterizzerà il mercato del lavoro futuro?

Non esiste una sola risposta, ma l’elemento certo è la necessità di approfondire il più possibile la motivazione dei candidati al cambiamento professionale e, più in generale, la loro visione valoriale della realtà: cosa vorrebbero davvero dal mondo del lavoro? Sicuramente la garanzia di un maggiore equilibrio del work-life balance, al quale la pandemia ci ha inevitabilmente condotti.

Di centrale importanza è la questione del “remote working”, utilizzato nell’emergenza dalle aziende e molto apprezzato da ampie fasce di dipendenti. In questa fase, un modello “ibrido” casa-lavoro che dia maggiore flessibilità alle persone nella loro gestione quotidiana può rappresentare un forte elemento di attrazione per le realtà lavorative che lo garantiscono. Da un punto di vista aziendale, inoltre, può portare ad un sensibile risparmio sui costi (necessità di spazi meno ampi, minori consumi, etc.) senza che vi sia una riduzione dell’efficacia della prestazione lavorativa. Questa modalità di organizzare il lavoro consente talvolta anche di attrarre professionalità specifiche e rare, che altrimenti non sarebbero disponibili sul mercato locale. Si possono così assumere candidati con notevoli competenze e che, per ragioni territoriali/personali, non valuterebbero uno spostamento in altre aree geografiche. Ci è capitato, ad esempio, di far assumere un candidato fortemente determinato a rimanere in “full remote working”, che non avrebbe mai accettato una minima presenza fisica in sede.

Parlare ai candidati di “flexible time e location” costituisce oggi un plus!

È importante sottolineare però che alcune funzioni aziendali (quali ad esempio la produzione) non consentono ad oggi il ricorso allo smart working, e che, in generale, per essere capaci di attrarre e fidelizzare i migliori talenti diventa pertanto fondamentale:

  • riprogettare le organizzazioni orientandole all’innovazione continua;
  • saper ascoltare davvero e chiedersi come trattenere le persone in azienda, garantendo una crescita personale e professionale costante;
  • definire, a livello organizzativo, obiettivi sfidanti tali da accrescere le competenze dei propri dipendenti nel medio-lungo periodo.